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wikitelaio2016:lab8a

AVVIO DI MARC/MENTAT

Dalle postazioni battere

mentat2013.1 -ogl -glflush

in un terminale.

MODELLO AD ELEMENTI FINITI DI RIFERIMENTO

Modello postazioni inizio lezione profilo_aperto_analisi_vlasov_3d_v003.mud

Viene ripreso il modello della scorsa lezione (profilo aperto a parete sottile) imponendo vincoli di anti-simmetria anche ai nodi intermedi. Questo permette di modellare solo una “fetta” di struttura, volendo imporre lo studio della torsione secondo la teoria di De Saint-Venant (presupponendo libero spostamento fuori piano dei punti della sezione), determinandone la rigidezza torsionale. Attivando o disattivando la condizione al bordo variante_sezione_chiusa_antisymm_pxz_ny impongo o meno la continuità tra il modellato e la sua immagine per antisimmetria.

Per le antisimmetrie vedere colonna a destra dello schema

Il modello considerato è costruito con due piani di antisimmetria, piano zx a normale y e piano xy a normale z, ed è caricato mediante una RBE2 con parziale vincolamento dei gg.d.l. dei nodi tied/slave/dipendenti; in particolare si impone che i soli spostamenti entro piano di sezione siano comuni tra corpo deformabile e corpo rigido.

Al nodo di controllo è applicata una coppia in direzione z di 0.5 Nmm, che composta alla coppia immagine per antisimmetria ny impone un momento torcente di 1Nmm. All'immagine per antisymm nz del corpo rigido modellato è applicato un momento torcente uguale e contrario.

Contiene 2 jobs: uno per sezione aperta e uno sezione chiusa.

Da osservare:

  • la rotazione al nodo di controllo indotta dalla coppia torcente applicata (già fatto giov. scorso)
  • le componenti di tensione “component 31 of stress in preferred system” con andamento lineare “a farfalla” lungo lo spessore di parete nella sezione aperta e costante nel caso di sezione chiusa (già fatto giov. scorso).

Il sistema di coordinate locali è così definito

  • 1: direzione entro piano di sezione lungo lo sviluppo del profilo
  • 2: direzione entro piano di sezione lungo lo spessore del profilo (normale alle pareti)
  • 3: direzione lungo l'asse della trave
  • la presenza di spostamento z e il relativo ordine di grandezza nel caso di sezione aperta
  • l'assenza di tensioni $\sigma_z$, ossia “component 33 of stress in preferred system”

foglio di calcolo

Nel foglio di calcolo sono raccolti i dati per il calcolo della rigidezza torsionale. Questo permette il confronto diretto tra una sezione aperta ed una sezione chiusa (con incastro ai terminali) alla De Saint Venant. Il foglio di calcolo è stato strutturato in maniera tale che modificando i valori della trave presa in considerazione e il valore del momento torcente applicato si riescono facilmente a valutare: i valori di rigidezza torsionale del profilo nei diversi casi di sezione (ottenute applicando le formule per sezioni a parete sottile aperta e chiusa), la differenza tra gli spostamenti e quindi le deformazioni. I risultati ottenuti sono in linea con i dati FEM.

Dal confronto emerge che la rigidezza della sezione chiusa risulta ~648 volte quella della sezione aperta, a parità di materiale, area, e momento d'inerzia. Si nota che le due sezioni hanno pari comportamento a flessione.

Si può passare quindi al caso di trave a lunghezza finita (l/d=10), con d=120mm dimensione caratteristica di sezione, aperto, su di un secondo file Mentat per agevolare il confronto.

modello

Tale modello è stato ottenuto dal precedente con scalatura 300% in z e con successivo subdivide in 300 suddivisioni in z. Analizzando questa trave, ottenuta con variazioni nelle dimensioni, si nota che non si hanno variazioni nel costo computazionale poiché i gradi di libertà non sono cambiati, ma ha subito soltanto un allargamento la matrice di rigidezza.

Il piano di lavoro è xy, imponiamo quindi alla struttura della trave la costrizione di spostamento rispetto l’asse z (warping) nullo ai terminali, tale condizione tende, man mano che ci si allontana dalla sezione terminale, ad indebolirsi definendo uno spostamento massimo in mezzeria (questo si rispecchia anche nella presenza di tensioni “component 33 of stress in preferred system” non trascurabili nel caso a warping ristretto che risultano massime nell'intorno degli RBE2 e a scalare verso la mezzeria della trave). Occorre inoltre attivare tutti i gg.d.l. nella definizione della RBE2. Tutto ciò equivale a imporre la planarità delle sezioni, ovvero la loro natura rigida dato che il momento torcente non induce spostamenti xy entro sezione.

I terminale di trave diventano quindi corpi rigidi, come se il profilato fosse saldato di testa a un corpo molto massivo.

Applicando un momento torcente di 1Nmm si ottengono deformazioni molto modeste, quindi per avere un miglior riscontro grafico viene utilizzato un determinato fattore di amplificazione. Normalmente infatti il software mostra la deformazione in scala non amplificata, si modifica quindi di un fattore 6.

Si lancia il calcolo e si osservano per la sezione aperta e chiusa le rotazioni indotte dal momento torcente unitario campione applicato; si inseriscono nel foglio di calcolo e si calcola la rigidezza torsionale della trave aperta/chiusa finita con terminali a ingobbamento (warping) ristretto. Si nota che la rigidezza del profilato a lunghezza finita, con terminali vincolati a moto di corpo rigido, è maggiore di quella prevista dal de Saint Venant per un fattore ~6 per mille nel caso di sezione sottile chiusa e di ~100 volte nel caso di sezione sottile aperta.

E’ possibile porre in confronto il modello analizzato a warping bloccato ai terminali con il profilo a warping libero. Imponiamo nei due casi stesso momento torcente di 1Nmm e stessa scala di deformazione (amplificazione di un fattore 6). Determiniamo spostamenti e deformazioni ponendoli a confronto nei due casi. Si deduce che nel caso a warping libero lo spostamento è sensibilmente maggiore (circa 2 ordini di grandezza) rispetto al caso del warping bloccato. Questo in realtà è rilevante nel caso di sezioni chiuse, nelle sezioni aperte la differenza nei due casi è quasi inesistente. Il comportamento in termini di tensione, deformazione e rigidezza è quindi molto diverso nei due casi. Tutto ciò trova una conferma sperimentale nel nel foglio di calcolo precedente.

ATTENZIONE Il picco di $\sigma_3$ in estremità di trave è associato ad una singolarità tensionale tipica della connessione tra una struttura deformabile e una struttura rigida (indotta principalmente da strizione per effetto poisson impedita). Dalla forte discontinuità tensionale tra il primo e il secondo strato di elementi si evince la presenza di un'anomalia, che giustifichiamo con la natura singolare dello stato tensionale al punto.

Si verificano anche le forze trasmesse dalla RBE2 al corpo deformabile visualizzando le 'Tying forces' dal menu vector plot sia nel caso a lunghezza finita, warping impedito ai terminali, che nel caso “fetta alla de Saint Venant”. In quest'ultimo caso le azioni sono entro sezione e richiamano la farfalla delle $\tau$, nel caso a warping impedito invece sono azioni principalmente assiali, con lieve componente normale alla parete a contrastare l'espansione per effetto poisson (la parete è infatti localmente in compressione).

E' possibile dare la seguente definizione: teoria della trave a torsione di De Saint Venant in caso di warping libero, se il warping è in qualche modo teoria della trave alla Vlasov. Si definisce Effetto Vlasov l’aumento di rigidezza rilevante per sezioni aperte e quasi invisibile per sezioni chiuse, associato alla restrizione di warping ai terminali.

Per verificare l'importanza di tale effetto su di una trave snella si procede a una ulteriore scalatura di 10x in direzione z del modello che porta la trave ad un rapporto d/l=100. Dal menu mesh generation→move scalo il modello e rilancio il calcolo. Mi riservo di analizzare a posteriori l'affidabilità dei risultati in presenza di elementi fortemente allungati in z, ad esempio controllando la (dis)continuità delle tensioni in direzione z.

Ci si aspetta una situazione di deformazione di questo tipo, ove si nota un apparente aumento di dimensione della sezione terminale ruotata (utilizzo anche qui un fattore di amplificazione della deformata). Preso il nodo P in mezzeria della parete superiore del profilato si ha PP’ vettore spostamento per rotazione intorno ad O, con P’ nodo corrispondente sulla deformata. Con un’analisi cinematica nel caso lineare si deduce che lo spostamento dei punti avviene in direzione tangenziale e non lungo la circonferenza. Imponendo una rotazione $\beta$ al profilo lo spostamento del nodo superiore è pari a r $\beta$ dove r è la distanza tra il centro di rotazione O ed il nodo considerato P.

Analiticamente possiamo scrivere le condizioni per la linearità come: $sin\beta$ = $\beta$ $cos\beta$ =1 poiché $\beta$ molto piccolo. Con un codice di tipo lineare l’oggetto che si deforma per rotazione aumenta le proprie dimensioni in seguito allo spostamento tangenziale dei nodi. In realtà la formulazione a piccole rotazioni può essere utilizzata anche in grandi rotazioni se questa deriva tangenziale dei nodi non risulta problematica, come nella trave in oggetto. Il baricentro della trave ad esempio non risente degli spostamenti tangenziali spuri, e di solito in quel punto si campionano gli spostamenti e le rotazioni, né risentono della deriva tangenziale le deformazioni e le tensioni, che rimangono ingegneristicamente affidabili anche se la deformata perde credibilità.

Discorso diverso ad esempio nel caso di un perno di banco di albero motore che ruota entro la sua sede al supporto di banco; il sistema nasce con gioco a $\beta=0$, poi con la rotazione dell'albero il perno, nell'ipotesi linearizzata di piccole rotazioni, tende ad aumentare di diametro ricoprendo prima il gioco e poi inducendo una crescente interferenza. In questo caso la modellazione linearizzata perde interesse ingegneristico ed è necessario passare ad una modellazione in grandi rotazioni che tratti i termini trigonometrici in forma non lineare. Si nota però che il baricentro ha spostamenti corretti (spostamenti e rotazioni nulli).

RACCORDO A T (Prova Scritta del 24/06/2011)

L’elemento dato presenta una particolarità, che si intuisce osservando la figura B. Si nota una discontinuità di materiale in prossimità della zona di giunzione dei due tubi, dovuta a un’approssimazione del programma, che visualizza l’elemento come un condotto nonostante fisicamente esso rappresenti un tubo strutturale.

traccia

Tra i diversi casi proposti, che differiscono per le diverse condizioni di caricamento, analizzeremo il caso 1 che prevede due carichi di 1kN in A e in B che tirano in direzione Z, queste condizioni sottopongono l’elemento a sforzo normale.

Lastra, Piastra e Guscio Lastra e piastra sono oggetti sottili caratterizzati da una superficie media piana. La differenza tra piastra e lastra sta nel caricamento. E’ possibile dare le seguenti definizioni: - una lastra è un oggetto sottile caricato entro piano; - una piastra è un oggetto sottile caricato fuori piano; - un guscio è un oggetto sottile la cui superficie media non è piana.

Si introduce col seguente modello la modellazione a gusci: modello

Caratteristiche del modello: * carichi come da traccia; * spessore parete: 3mm; * materiale: alluminio (E=70000 MPa, nu=0.3, rho=2.7e-9 tonn/mm^3).

Si introduce un sistema di riferimento locale all’elemento piastra, con direzione 3 normale e direzioni 1 e 2 entro piano tangente.

Si introduce l’osservazione che se la piastra è sottile le componenti di deformazione entro piano [$\epsilon_1$,$\epsilon_2$,$\gamma_12$] variano linearmente lungo lo spessore.

Si procede allo studio del modello tramite Marc Mentat, con modellazione a gusci: MAIN → GEOMETRIC PROPERTIES → NEW → STRUCTRAL → 3D → SHELL

Per lo studio si potrebbe scegliere anche la funzione MEMBRANE tenendo conto del fatto che la membrana non regge però i carichi normali, essa può essere intesa come un guscio (Shell) senza rigidezza flessione. In altre parole la membrana sta al guscio come il cavo sta alla trave, ha bisogno quindi di pretensionamento.

Alla voce Name si inserisce: piastra_spessore_3mm Per impostare lo spessore si entra in: PROPERTIES → THICKNESS 3mm

Si definisce superficie superiore (TOP) , superficie inferiore (BOTTOM) sulla base della numerazione dei nodi di elemento (se si guarda l'elemento da sopra la superficie TOP, la numerazione appare antioraria), si introduce l' ID BACKFACES. MAIN → MESH GENERATION → CHECK → ID BACKFACES

Prestando attenzione verificare che la voce FACE sia inserita seguendo il percorso: PLOT → ELEMENTS → SETTINGS → FACES → REGEN

E’ possibile invertire la colorazione delle facce scambiando TOP con BOTTOM: MESH GENERATION → CHECK → FLIP ELEMENTS → EXIST

Tuttavia si procederà con la rappresentazione di default. Caratterizziamo l’inserimento dello spessore nell’elemento:

MAIN → GEOMETRIC PROPERTIES → PROPERTIES → SHELL: OFFSET → USE OFFSET 1.5 Si associa questa condizione a tutti gli elementi:

GEOMETRIC PROPERTIES → ELEMENTS: ADD → ALL: EXIST

Si definisce superficie di riferimento quella su cui giacciono nodi ed elementi, che normalmente coincide con la superficie mediana del materiale, ma può essere differenziata operando sull'offset. Tipicamente i modellatori solidi (solidworks) esportano infatti le superfici esterne, e non le medie. Si operano quindi i seguenti comandi:

PLOT → ELEMENTS → SETTINGS → PLOT EXPANDED, PLOT OFFSET

Queste ultime due voci devono essere settate sempre insieme per non incorrere in problemi di visualizzazione.

Si nota un errore di visualizzazione nell’intersezione dovuto a un bug del programma che considera materiale doppio in tale zona.

Sfruttando i vincoli di simmetria e anti-simmetria si vuol ricostruire tutta la struttura a partire dalla porzione data dal modello caricato. Si duplicano con MESH GENERATION→SYMMETRY tutti gli elementi del modello e il nodo di controllo attorno al piano con normale (1 , 0 , 0) passante per (0 , 0 , 0); si duplicano quindi tutti gli elementi del modello.

MAIN → MESH GENERATION → SIMMETRY → POINT 0, 0, 0 NORMAL 1, 0, 0

Analogamente vien fatto per l'altra direzione:

MAIN → MESH GENERATION → SIMMETRY → POINT 0, 0, 0 NORMAL 0, 1, 0

Si identificano i nodi di controllo sui tre terminali A, B e C, in corrispondenza dei quali si costruiscono i corpi rigidi attraverso i quali imporre i carichi. Dopo aver duplicato di procede tramite SWEEP:

MESH GENERATION → SWEEP → TOLERANCE 0.0001 → NODES → ALL: EXIST

Si vanno a imporre le proprietà del materiale:

MATERIAL PROPETIES → NEW → STANDARD

Alla voce NAME si inserisce: alluminio Alla voce STRUCTURAL si inseriscono i valori del Modulo di Young e di Poisson.

Per inserire la densità:

GENERALE PROPERTIES → MASS DENSITÀ 2.7e-09 (e-09 è quella dell’acqua, quindi l’alluminio pesa 2.7 volte l’acqua) Associo il materiale a tutti gli elementi con: ADD → ALL: EXIST

Procedo quindi a creare 3 RBE2 sui terminali di trave, per poter più agevolmente applicare le azioni esterne.

MAIN → LINKS → RBE2’S → NODE : Selezionare il nodo A Si liberaNO i 6 gg.d.l e poi:

ADD (Selezionare i nodi sul terminale A) → END LIST

La stessa procedura si ripete per i terminali B e C.

Osservo che queste RBE2 non perturbano la soluzione a trave nel caso di momento torcente applicato, e perturbano la soluzione per “solo” impedimento della strizione per effetto Poisson a sforzo normale e flessione. Valuterò a posteriori Tying Forces e stato tensionale nell'intorno della RBE2.

AUTORI

Pesce Eugenio, matricola 104010

Di Luccio Luca, matricola 103104

Sanapo Luigi, matricola 104631

wikitelaio2016/lab8a.txt · Ultima modifica: 2017/05/17 04:06 da ebertocchi