TEMP TEMP TEMP TEMP TEMP TEMP ====== Instabilità delle strutture elastiche ====== Parliamo di problemi di instabilità in strutture elastiche. Durante il corso della triennale è stato già visto il problema di instabilità della trave a compressione, tipicamente una trave flessionale, vincolata con una cerniera e un carrello, di lunghezzale sezione caratterizzata dal modulo elastico a flessione $EJ$, si dovrebbe sapere che se caricata da un carico complessivo $P$, se: {{ :wikipaom2016:i2405161.png|Instabilità_Euler }} * $ P < P_{cr} $ allora la soluzione è in sola compressione della trave, ed è la soluzione che si ottiene facendo l'equilibrio sull'indeformata; * $ P > P_{cr} $ allora la soluzione compressiva è una delle possibili, ma si affiancano anche delle soluzioni flessionali. Queste soluzioni non si trovano facendo l'equilibrio sull'indeformata ma si dovranno impostare delle equazioni di equilibrio sulla deformata. La deformata avrà una forma sinusoidale, e la sua ampiezza $a$ è arbitraria. Dove: $ P_{cr}=(π^2 EJ)/l^2 $ . Affrontando il problema dal punto di vista analitico, si arriverà ad un equazione differenziale del secondo ordine, si cercheranno le soluzioni non banali, ecc.. Questo approccio è possibile solo se la struttura è particolarmente semplice, se già si prova a complicare la struttura, la complessità diventa non più maneggiabile. Ci concentriamo su problemi di instabilità di strutture discretizzate, quindi composta da elementi finiti. Per rendere più semplice l'approccio al calcolatore (maxima) il prof. ha inventato un elemento abbastanza semplice che attraverso maxima può essere esplorato. Ovvero, un elemento barra, incernierata a telaio (2 nodi), con due elementi elastici: * rigidezza assiale, barra assialmente comprimibile o molla; * molla torsionale connessa alla barra (ad un capo) e a telaio (altro capo); {{ :wikipaom2016:i2405162.png|elemento_barra}} in più guido la parte terminale della barra con un corsoio che lo collega al gambo attaccato alla cerniera.\\ In pratica è una molla incernierata con possibilità di imporre una reazione elastico-torsionale alla base. La rigidezza della molla la chiamiamo $k$, mentre quella della molla torsionale $s$ .\\ Perchè la scelta di questo elemento? Perchè ha due g.d.l $u$ e $v$ e solo quelli, perché l'altro nodo è implicitamente collegato al telaio. Elemento finito un po' particolare perché la matrice rigidezza non nasce singolare, perché uno dei due nodi è collegato a telaio, ma è una 2x2!\\ Consideriamo una $k→∞$, perdendo la parte della deformabilità del nostro elemento, per rendere più semplice la trattazioni in termini di equilibrio e analizziamo il problema: è un elemento ad asse verticale, con supporto torsionale alla base, di rigidezza $s$ , estensione $a$ e caricata da un carico $P$ , la struttura in questo caso avrà un solo g.d.l. ovvero la rotazione θ, l'asta può solo ruotare.\\ Quali sono le condizioni di equilibrio di questa struttura?\\ Allora se facciamo un equilibrio sulla indeformata, e ciò è semplice perché l'asta rimane verticale e lavora in compressione con sforno normale $P$, e questa è l'unica soluzione.\\ Supponiamo adesso di fare l'equilibrio sulla deformata ...si sta supponendo che la direzione del carico $P$ sia costante nello spazio, ovvero la retroazione di $P$ non segua l'inclinazione della barra; questo è necessario per avere un campo di forze conservativo, questo richiede proprio che le forze abbiamo direzione fissa nello spazio e non fissa rispetto al punto di applicazione sulla struttura. Se la forza avesse una direzione solidale al punto di applicazione sulla struttura questa forza si riorienterebbe con l'asse della trave... . Se il campo di forze è conservativo ammette un potenziale, quindi se il campo di forze ammette un potenziale, l'energia totale della struttura ha due contributi, il potenziale delle forze e l'energia potenziale elastica degli elementi deformabili.\\ Calcoliamo l'equazione di equilibrio alla rotazione dell'asta rispetto alla cerniera in O. Allora, abbiamo la molla a torsione che reagisce con una coppia di entità -sθ, agente in direzione oraria quindi la consideriamo negativa, in più abbiamo una reazione indotta dalla forza $P$ per il braccio $a⋅sin(θ)$ che è antioraria, e il tutto dovrà essere uguale a 0, avremo dunque: $$ -s⋅θ+P⋅a⋅sin(θ)=0 $$ L'equazione di equilibrio ci dice che le soluzioni del problema sono 2: * $ θ=0∀P$: questo da equilibrio (0=0) * $ θ≠0→ P=(s⋅θ)/(a⋅sin(θ))$: e anche qui ho equilibrio. La quantità $θ/(sin(θ))$ tende a $1$ per $θ→0$ e in generale $θ/(sin(θ))≥1$ , quindi diciamo che questo carico è funzione di $θ$ quindi per $θ≈0→ P=s/a=[(N⋅mm)/rad]⋅[1/mm]$ semplificando rimangono [N] quindi P è oggettivamente una forza. Questo carico P ovviamente al variare di θ cresce. Possiamo plottare il tutto con maxima: {{ :wikipaom2016:image061.png |Diag_P_theta}} Come si può vedere è una funzione crescente, quindi risulta che P non può essere minore di una quantità pari a s/a, dunque θ≠0questa soluzione non è ammessa se PP_criticodiventa dominante il secondo termine negativo e l'energia potenziale elastica è una funzione con derivata seconda negativa quindi quello che è un punto stazionario non è un minimo dell'energia potenziale elastica ma un massimo ed è quindi localmente instabile. Quindi avremo che la zona in rosso è instabile, mentre quella in nero ha tutte soluzioni stabili. I diagrammi di equilibrio si possono ricavare tramite l'energia potenziale elastica per derivazione, ovviamente l'equilibrio è un punto sezionale dell'energia potenziale elastica. L'energia potenziale elastica in più rispetto all'analisi dell'equilibrio dei corpi mi da anche la possibilità di calcolare la stabilità dell'equilibrio con la derivata seconda in maniera abbastanza semplice. Il secondo percorso (quello curvo) è stabile, quindi il sistema non degenare da nessuna parte, anzi se prendo questa asta, questa sul percorso secondario, teoricamente sarebbe in grado di supportare carico infinito, perché se ottengo una rotazione abbastanza grossa, arrivo alla condizione in cui il carico sarà allineato all'oggetto, e questo sarà in grado di supportare quantità infinite di carico, sopratutto se non è deformabile. Quindi non è vero che è un fenomeno di instabilità, ma è un fenomeno di diversa stabilità. Dunque nell'intoro del punto [0,s/a] per variazioni di P potrò muovermi lungo diversi percorsi di equilibrio. Non è sempre così per sfortuna, perché quando c'è un problema di instabilità si assesta su una condizione secondaria, che, in questo caso, sarebbe molto più stabile della precedente. {{ :wikipaom2016:i240516z.png |elem_cern_molla}} {{ :wikipaom2016:i240516b.png |elem_cern_molla}} In realtà se utilizziamo un supporto diverso, per questa barra, invece di applicare una molla rotazionale in basso, applichiamo una molla stabilizzante, sopra. La molla stabilizzante mi definisce il posizionamento angolare della barra rigida, notiamo inoltre che per piccoli spostamenti, questa configurazione sarebbe del tutto equivalente alla molla torsionale. Perché sostanzialmente la molla per il braccio L mi darebbe una rigidezza torsionale e un posizionamento che entro la condizione iniziale è indistinguibile dalla molla torsionale di partenza. Tuttavia in questo caso se vado a fare un'analisi dell'equilibrio in questa condizione, noto subito che è già più complicato perché il problema è asimmetrico, nel senso che una estensione con θnella direzione in figura, orienta la molla in maniera diversa (estensione con angolo negativo secondo la convenzione). Troveremo dei diagrammi (θ;P)che hanno localmente sulla soluzione secondaria un massimo per il carico. Diciamo che nel caso di molla torsionale avevamo una forma concava mentre qui avremo una forma convessa. Quindi se vado a fare l'analisi dell'energia potenziale alla derivata seconda vedo che questo ramo secondario a differenza del supporto con molla rotazionale alla cerniera dà un equilibrio stabile, ovvero se portiamo la struttura nella condizione della seconda figura, questa condizione può essere di equilibrio stabile, ma questo P è un valore di carico minore del P_transizionee in particolare, nessuno dei percorsi di equilibrio stabile è in grado di sopportare carico maggiore di questa P_transizione. Ricapitolando, l'equilibrio sul ramo secondario sarà ancora di tipo stabile, però, il carico applicato dovrà essere minore di quello di transizione, se mantengo un carico uguale a quello di transizione non sarò più in grado di equilibrarlo. Mentre sul ramo superiore ( sopra [0,s/a]) riesco a equilibrarlo sempre ma sarà un equilibrio instabile. Per cui questo sistema non riesce a sopportare in equilibrio stabile nessun livello di carico superiore a quello critico. {{ :wikipaom2016:image109.png|P_theta_stab}} {{ :wikipaom2016:image107.png|P_theta_inst}} Quindi un sistema supportato come nel secondo caso, che per piccole rotazioni è del tutto analogo a quello con molla torsionale, non sarà in grado di supportare carichi maggiori di quello di transizione. Questo è un comportamento tipicamente instabile. Due comportamenti contrastanti, con un supporto alla base, ottengo un sistema che è in grado di supportare carichi anche maggiori di quello critico e se l'asta si allinea verso il basso potenzialmente infinito. Un diverso supporto, laterale, di quest'asta e il sistema non è in grado di supportare carichi maggiori di quello di transizione. Perché il carico di transizione viene chiamato critico? Perché parto da un sistema scarico, successivamente applico carichi via via crescenti e mi aspetto di avere una soluzione con risposta proporzionale al carico, questa quando si raggiunge il valore di transizione diventa non più unica e non più stabile, pertanto per quella soluzioni il carico di transizione è un carico critico. Ma non è sempre un carico critico per la struttura, il caso A non è critico ad esempio perché esiste una soluzione secondaria che non è più puramente compressiva ma è in rotazione, che è in grado di sopportare carichi potenzialmente fino a infinito, quando il sistema è allineato con la parte bassa. Quindi quando si parla di carico critico è quello relativo per la specifica soluzione che si sta seguendo da quando il sistema era scarico e via via si è aggiunto il carico, seguendo una soluzione, fino a quando questa non va in crisi, non va in crisi la struttura ma la soluzione. Andiamo a definire questi due problemi con l'elemento finito disegnato a inizio lezione. Definiamo la matrice rigidezza dell'elemento finito. {{ :wikipaom2016:image029.png|elem1}} {{ :wikipaom2016:image112.png|elem2}} {{ :wikipaom2016:image099.png|elem3}} Prima di tutto devo stare attento a gestire tutto in non linearità massiccia, cioè non si può supporre che nulla sia piccolo per cui utilizzo a piene mani funzioni trigonometriche non linearizzate e funzioni anche ad esempio distanza tra due nodi in forma non linearizzata. Di base cosa faccio, definisco le funzioni ausiliarie, distanza tra due punti (x_1;y_1)e (x_2;y_2)come la radice della somma dei quadrati, forma non linearizzata. {{ :wikipaom2016:i240816119.png |len_fun}} Se avessi bisogno di definire un seno e un coseno li si definiscono come: {{ :wikipaom2016:i240816121.png |sin_cos_n_lin}} forma che regge anche a grosse rotazioni. Poi, definiamo la funzione rotazione angolare rispetto all'indeformata, definisco un polo (x_1;y_1), un punto P=(x_2;y_2)che definisce l'indeformato e il punto Q=(x_3;y_3)che definisce uno spostamento del punto P. * $t=0$ quando $Q≡P$ * $-π k_2 $ {{ :wikipaom2016:image0262405a.png }} La matrice rigidezza della struttura è uguale alla somma delle matrici di rigidezza; la matrice di rigidezza geometrica della struttura è uguale assemblaggio delle due matrici di rigidezza geometriche degli elementi, sottoposte a carico unitario. Anche in questo caso troviamo un carico critico che coincide con quello visto precedentemente. Questa procedura non funziona sempre e in questo caso particolare non lavora bene perché non stiamo parlando di un problema di biforcazione. La soluzione in questo caso è semplicemente non lineare. Il sistema ha reazione elastica nulla in indeformata e reazione elastica nulla quando le molle sono allineate, per cui la curva spostamento (δ) - carico applicato (P) ha un andamento del tipo: {{ :wikipaom2016:image0262405b.png }} In questo caso abbiamo un annullamento della matrice di rigidezza tangente. ===== Linearized Pre-Buckling Analysis: ===== Note per lo studio individuale * struttura discretizzata in configurazione **indeformata** **precaricata**; * dato un sistema di carichi/vincoli di cui alcuni potenzialmente non omogenei, calcolo lo stato di precarico con un precalcolo lineare elastico. Ottengo in questo caso uno stato tensionale $\underline{\sigma}^0 = \left[\sigma_x^0 \sigma_y^0 \sigma_z^0 \tau_{xy}^0 \tau_{yz}^0 \tau_{zx}^0\right]^T$, che nel caso dell'elemento puntone si riduce ad uno sforzo normale $N^0 = \sigma^0 A$; * noto il precarico, calcolo la matrice di rigidezza "geometrica" o di "precarico" $K_{G}$ associata a tale condizione di precarico indotta dal sistema di carichi applicati sulla base del lavoro che tale precarico, //supposto costante//, compie sugli spostamenti infinitesimi a partire dalla configurazione indeformata. * Il sistema deve essere considerato in **grandi rotazioni** (funzioni trigonometriche espanse in serie di taylor almeno al //secondo// ordine) al fine di poter estrarre la matrice di rigidezza "geometrica" o di "precarico". Tale matrice scala scalando il precarico e quindi i carichi applicati. * Compongo la matrice di rigidezza dell'elemento non precaricato (matrice di rigidezza relativa all'elasticità del materiale) con la matrice di rigidezza geometrica, scalata per un fattore $\lambda$ * ottengo una matrice di rigidezza combinata nella forma $ K = K_{el} + \lambda K_{G} $ e un sistema di equazioni di perturbazione dell'equilibrio iniziale nella forma $$ \left(K_{el} + \lambda K_{G}\right) \underline{\Delta u} = \underline{\Delta F} $$ ove $\underline{\Delta u}$ è una perturbazione della configurazione iniziale in termini di spostamento, in risposta ad una perturbazione \underline{\Delta F} delle forze esterne. * nel caso la matrice di sistema risulti singolare, ovvero sia $\lambda_i$ t.c. $$ \det\left(K_{el} + \lambda_i K_{G}\right)=0$$, si ammettono soluzioni in termini di perturbazione agli spostamenti non nulla a fronte di un'assenza di perturbazione delle azioni esterne. Il problema si riduce ad un'estrazione di coppie di autovalori generalizzati $\lambda_i$ e autovettori $\underline{v}_i$ t.c. $$ \left(K_{el} + \lambda_i K_{G}\right) \underline{v}_i = \underline{0} $$. * tale problema generalizzato agli autovalori/autovettori può essere ricondotto ad un problema agli autovalori "standard" premoltiplicanto per $K_{el}^{-1}$ (dovrebbe risultare invertibile in assenza di moti di corpo rigido residui) e procedendo ad un'inversione della forma dell'autovalore, ottenendo dopo semplici passaggi $$ \left( K_{el}^{-1} K_G - \mu_i I \right) \underline{v} = \underline{0} $$ ove $\mu_i = -\frac{1}{\lambda_i}$ * I fattori $\lambda_i$ sono fattori di amplificazione del precarico (e quindi del sistema di carico che lo ha generato) che rendono singolare la matrice di sistema e aprono a soluzioni distinte rispetto a quella prevista per evoluzione continua dalla condizione di piccoli carichi. Forma alternativa implementata in MSC.Marc, in coda ad analisi nonlineari: * Si considerano due condizioni di equilibrio carico/spostamenti distinte $\underline{P}_0,\underline{u}_0$ e $\underline{P}_1,\underline{u}_1$, tipicamente estratte da due step successivi del caricamento incrementale introdotto per agevolare il N-R. * Si considerano le due matrici di rigidezza $K_0$ e $K_1$ associate a tali condizioni di carico. * Si suppone un'evoluzione lineare della matrice di rigidezza con l'evolvere del carico, per cui si associa alla condizione di carico $\underline{P}^\lambda=\underline{P}_0+\lambda \left( \underline{P}_1 - \underline{P}_0 \right)$ la stima della matrice di rigidezza tangente come $K_t^\lambda = K_0 + \lambda \left( K_1 - K_0 \right)$. * Si procede quindi in maniera analoga alla procedente andando ad impostare il problema agli autovalori generalizzato $$ \left(K_0 + \lambda_i \left( K_1 - K_0 \right)\right) \underline v_i = \underline{0} $$ da cui le coppie di fattore critico di amplificazione $\lambda_i$ e tangente al ramo di soluzione biforcato $\underline{v}_i$. Tale soluzione diventa repentinamente ammessibile in sovrapposizione a quella associata al ramo già percorso una volta raggiunto lo stato di carico $$\underline{P}^i=\underline{P}_0+\lambda_i \left( \underline{P}_1 - \underline{P}_0 \right)$$ Si usa chiamare //primo carico critico// il primo punto di biforcazione incontrato incrementando i carichi dalla condizione iniziale di sistema scarico (non precaricato). Non è detto sia il carico critico //minore//. ===== Materiale didattico ===== {{:wikipaom2016:nonlinear_bars_for_inst_v007.wxmx|sviluppo matrice di rigidezza geometrica}} su elemento //barra incernierata// nonlineare. [[http://www.colorado.edu/engineering/cas/courses.d/NFEM.d/Home.html|Nonlinear Finite Element Methods, carlos.felippa@colorado.edu]], capitolo 28. test_form_content_ridim.imm_